150 milioni per le pensioni sotto i 1000Euro:

un aiuto con qualche ombra

Per molti anni siamo stati sommersi dalle proteste per gli importi delle pensioni troppo bassi. Si tratta, e si tratta tuttora, di lamentele più che giustificate.

Il costo della vita è aumentato ben oltre la rivalutazione annuale basata sui dati ISTAT. Questo è ancor più vero nella nostra provincia, che registra un tasso d'inflazione sempre superiore a quello nazionale. Se poi andiamo a verificare le singole voci del paniere, ci accorgiamo che i prezzi degli alimentari sono aumentati in modo esponenziale, così come quelli degli alloggi, voci di spesa su cui gli anziani sono maggiormente gravati. A questo si aggiungono le penalizzazioni annuali per le pensioni medio-alte, ma torneremo su questo tema, visto che pende un ricorso alla Corte Costituzionale. Comunque, a prescindere da ciò, ci sarà una Finanziaria nella quale, di solito, non mancano mai sorprese negative per noi pensionati.

Non servono molte indagini per capire dove si concentrano gli assegni bassi. In primo luogo, le donne oltre i 65 anni, vedove e con la sola pensione di reversibilità. In passato, il lavoro femminile retribuito era molto più contenuto e, spesso, alla fine di una vita dedicata alla famiglia, i contributi versati erano troppo pochi per ottenere una pensione. E anche quando bastavano, l’assegno risultava comunque magro. Ancora oggi, la pensione media delle donne è inferiore a 1.000 Euro. Ci sono poi categorie di pensionati che, per legge, versano pochi contributi e ciò influisce negativamente sulla loro pensione. Qui rientrano gli agricoltori diretti. Inoltre, vi sono persone con carriere lavorative 1 intermittenti o con lavori poco remunerati, situazione che inevitabilmente incide sul trattamento pensionistico. Questo rappresenterà in futuro un problema sempre più grave, considerata la diffusione di lavori precari, insicuri e poco pagati tra i giovani. C’è infine la categoria di chi ha evaso i contributi o ha sempre versato il minimo necessario. Questo riguarda soprattutto i lavoratori autonomi. Vi sono poi anche coloro che hanno preferito il lavoro in nero o il cosiddetto “fuoribusta”. In questi casi la responsabilità è individuale e non può gravare sull’intera società tramite la fiscalità generale.

Ora, la Provincia ha deliberato di stanziare 150 milioni di Euro in tre anni per supportare le pensioni inferiori a 1.000 euro. In molti casi, questi aiuti sono certamente positivi. Tuttavia, nutriamo qualche dubbio sui criteri adottati per individuare i beneficiari. Se questi risultassero troppo iniqui, rischierebbero di rappresentare un affronto per chi ha onestamente versato quanto dovuto all’INPS. Da quanto ne sappiamo, il provvedimento presenta infatti grossi limiti di equità. I criteri fondamentali per accedere al sostegno sono: un’età minima di 65 anni e una pensione inferiore a 1.000 euro. Solo a queste condizioni scatta la valutazione ISEE, che deve essere inferiore a 20.000 Euro. Va detto che molte famiglie di lavoratori e pensionati sono sotto questa soglia e non ricevono nulla. Poiché l’ISEE riflette la situazione economica e patrimoniale di una famiglia, era giusto fissare attraverso questi valori la soglia di povertà. Tuttavia, una pensione bassa non è necessariamente indice di disagio economico.

Oltre a queste perplessità, sulle quali al momento non voglio insistere, non è neppure comprensibile perché chi ha un ISEE molto bassa riceva le stesse prestazioni di chi ha un valore vicino ai 20.000 Euro. Di norma, le prestazioni sociali sono scaglionate in base alla situazione economica dei richiedenti. Onore alla semplicità, ma questa non sempre coincide con equità e giustizia sociale. Rimane infine la domanda su dove sono finiti i poveri? Finora non sono state presentate neanche 5.000 dichiarazioni ISEE ad hoc. Eravamo convinti che si registrasse una corsa ai CAF per compilare le dichiarazioni. Non è chiaro se i poveri siano meno di quanto spesso si sostiene, o se semplicemente manchi l’informazione. Pur mantenendo le nostre riserve, invitiamo tutte le persone che ritengono di averne diritto a mettersi in regola dopo Ferragosto, affinché possano ricevere l’integrazione a novembre. Successivamente, avremo modo di verificare con dati alla mano la situazione e cercheremo di correggere le ingiustizie più evidenti.

Alfred Ebner