Non autosufficienza:

siamo aperti al confronto, senza pregiudizi

Vivere più a lungo non va visto come una catastrofe ma come una opportunità. Poi come tutte le cose terrene ci sono anche inconvenienti, legati di meno all’età media che è aumentata, ma al numero elevato di persone nate a cavallo negli anni 50 e 60, la stagione dei baby boomer. Dalle statistiche emerge infatti che la non autosufficienza si manifesta di solito negli ultimi due o tre anni di vita dell’individuo e si sposta in avanti con gli anni vissuti di più. Ma oltre al numero degli interessati ci sono altri fattori che incidono sui futuri costi, che già oggi superano i 750 milioni, se consideriamo anche il lavoro informale delle famiglie. Questo calcolo può comunque rappresentare la base di partenza per una proiezione sui futuri costi. Va soprattutto valutato il fatto che nei prossimi anni il numero di famigliari in grado di assistere i propri cari sarà sempre più ridotto. La circostanza che i figli sono pochi e di solito pure in giro per il mondo per lavoro impone nuovi modelli di assistenza. I famigliari impegnati oggi dovranno essere sostituiti con operatori sociali o badanti. Vista la carenza di queste figure professionali i loro salari lieviteranno in futuro. Questo assieme al numero maggiore di bisognosi porterà i costi presunti a oltre un miliardo e cento milioni, nel caso più favorevole, fino a raggiungere il miliardo e mezzo nello scenario peggiore entro il 2035. Analogamente lieviterà anche il costo per un letto nelle case di riposo. Invece di lamentarsi la politica farebbe bene a discutere con le parti sociali, la società civile e il terzo settore sulle risposte da dare. Gli scenari fino al 2035-40 sono ormai chiari. È nostra intenzione fissare subito un paletto. La nostra provincia, unica in Italia, ha istituito nel 2008, dopo lunghe discussioni, un fondo per la non autosufficienza. Questo fondo con le sue regole va salvaguardato e dopo 17 anni anche rivalutato. Chiarito questo si può discutere su come tenerlo finanziariamente in piedi anche in futuro. Noi non vogliamo sottrarci al confronto su un tema delicato che guarda il futuro di questa terra. Politicamente non riteniamo inoltre opportuno differenziare le prestazioni del fondo in base al reddito. La non autosufficienza deve rimanere una questione che riguarda la società nel suo insieme e non solo il singolo colpito da grave handicap. Deve rimanere un diritto universale come la sanità. Altra cosa è invece una contribuzione da parte di tutti a partire da una certa età e in base alla condizione economica del singolo. Su questa il sindacato è stato sin dall’inizio favorevole e non ha mai eretto barricate. La scelta di finanziarlo solo con soldi pubblici era infatti una decisione politica! Un gruppo di lavoro presso l’Università di Bolzano, coordinato dal professor Tappeiner, ha recentemente elaborato alcune proposte partendo dalle statistiche demografiche da qui al 2035. L’Assessorato sembra intenzionato a chiudere la partita entro l’anno. Personalmente ritengo la questione di una certa complessità non solo economica, ma anche politica e avrà bisogno di tempi più lunghi. Il coinvolgimento del Sindacato, promotore del fondo attuale, va garantito. Sulle proposte in campo posso solo dire che per ognuna ci sono aspetti positivi e negativi. L’importante è trovare soluzioni che aiutino le famiglie nella gestione della non autosufficienza sia dal punto di vista economico, ma ancora di più a livello di servizi adeguati. I soldi di per sé non curano nessuno. Servono anche ulteriori interventi per la presa in carico degli interessati e un coordinamento dei servizi necessari. Il futuro della gestione della non autosufficienza, infine, incomincia dalla prevenzione e dagli stili di vita fin dalla tenera età. Questo sarà un ulteriore fronte sul quale investire e sul quale puntare con convinzione per arrivare il più possibile sani a una venerabile età.

Alfred Ebner